Una magmatica geografia dell’emozione
Le composizioni espressive di Serenella Pierdonà s’impongono allo sguardo come una mediazione cromatico materica dove il pigmento s’innesta, s’impregna o ricopre sostanze extrapittoriche rappresentate da retini, pezzi di legno, sabbia, sassolini ecc. Il quadro in tal modo non è da intendersi come luogo o spazio rappresentativo di una realtà figurativa, bensì come piano della progettazione e costruzione di nuove associazioni emozionali suscitate dal riutilizzo decontestualizzato delle materie.
Non si tratta di vedere il quadro collocato in uno spazio, ma d’individuare nuove spazialità nel quadro. La materia extrapittorica contamina e caratterizza la superficie qualificandola nel suo aspetto strutturale, come per esempio i reticoli che fungono da trama geometrica di una narrazione interiore; non solo, ma i materiali, disposti secondo un ordine associativo emozionale, s’impongono per la loro corpulenza, per la oro capacità di restituire la luce, in un processo compositivo che li isola dall’uso e dalla percezione funzionale della quotidianità.
Si tratta di interazioni eterogenee tra sostanze non omogenee, tra elementi più disparati ed incongrui, strumentali a suggerire l’idea di una spazialità intrinseca all’opera. Ecco allora che la cornice del quadro delimita uno spazio dove il colore diventa il collante di sinergie polimateriche, generando dei paesaggi immaginari testimoni di una magmatica geografia del sentire.
I materiali riutilizzati nella composizione come la carta, la sabbia, i filamenti, opportunamente accostati ed integrati divengono i protagonisti della scena, ognuno evocando simbolicamente la propria identità essenziale come per esempio quella dell’avvolgimento, se non della stratificazione, oppure quella del raddensamento. In tal modo l’immaginazione del fruitore viene stimolata da associazioni sinestetiche che coinvolgono sia la memoria tattile, sia quella percettivo funzionale, sia quella psico- cromatica innescando nuove modalità di coinvolgimento emozionale.
Antesignano e precorritore di tale nuovo percorso dell’arte è stato Enrico Prampolini che nel 1944, nel famoso testo “Arte Polimaterica” scrisse: Il soggetto è suggerito da uno stato d’animo dell’artista a “colloquio con la materia”: l’artista interrogherà questa o quella materia, ne considererà la loro fisionomia, dovrà apprezzare la casualità e il contrasto fra le materie, il tono elettivo che assumono nel giuoco stereometrico della composizione; la quale nasce da un “sentimento dell’espressione, e si afferma animistica.